Non pi

Mio nonno materno è morto lo scorso otto maggio a ottantasei anni. Lo ricordo in questo momento mentre guardo un documento consegnatoci dall’ Associazione Artiglieri di Montebelluna.
Infatti, mio nonno faceva parte di questo corpo militare quando è stato arruolato per combattere sul fronte della seconda guerra mondiale. Fin qui nulla di nuovo: ormai sono pochi gli anziani che possono raccontarci questa tragica esperienza, ma si tratta ancora di un passato recente, che possiamo facilmente recuperare e che conosciamo bene. Ma ciò che mi sta particolarmente a cuore è che questo attestato riguarda la lunga prigionia di mio nonno in un lager nazista.

Durante il conflitto, egli non aveva ancora avuto occasione di combattere sul fronte, ma lavorava nelle retrovie imparando rapidamente a rasare i capelli e la barba dei suoi compagni e, soprattutto, a fare iniezioni, cosa che successivamente gli avrebbe salvato la vita. Purtroppo posso raccontare la sua storia solo attraverso i ricordi di mia madre, perché dopo appena qualche mese dalla mia nascita è stato colpito da un ictus che gli ha lesionato in parte il cervello. Comunque era sempre molto restio a raccontare la sua esperienza di guerra: alle domande insistenti dei suoi figli bambini, riusciva a riportare appena qualche particolare prima di scoppiare a piangere coprendosi il viso con le mani.

So, quindi, che è stato rapito dall’esercito tedesco assieme ad altri italiani e caricato nei famosi vagoni-bestiame, dove veniva stipato un gran numero di persone, trattate come animali, private anche del respiro. Venne portato nel campo di lavoro di Mathausen e costretto ai lavori forzati con poco, o niente da mangiare. Conosco pochi particolari dei lunghi sette anni che ha trascorso nel campo, come, per esempio, si procurava il cibo rubando patate e galline nei campi vicini o uccidendo cani. Si è salvato perché è stato affiancato ad un medico, diventando suo assistente.

Tornato in Italia si è sposato ed ha formato la sua famiglia, ma non poteva dimenticare. È sempre stato orgoglioso di essere un artigliere dell’esercito italiano e partecipava in prima linea a manifestazioni o funerali dei suoi compagni. Questa onorificenza è arrivata troppo tardi purtroppo e non ha potuto vederla con i propri occhi, ma sono in qualche modo sicura che ne è orgoglioso e commosso. Si tratta di un Attestato di Benemerenza rilasciato dall’ANEI (Associazione Nazionale Ex Internati) in occasione del sessantesimo anniversario della Liberazione (25 aprile 2005): una pergamena le cui parole mi hanno commosso profondamente:

   “(…) all’ex internato Silvio Luigi, classe 1920, quale volontario partecipante alla “RESISTENZA SENZ’ARMI” condotta nei lager nazisti per non servire l’invasore tedesco, la Repubblica di Salò e rimanere fedele all’onore di  militare e di Uomo, contribuendo così a riconquistare alla Patria e al Mondo la PACE, la dignità e la libertà democratica”

Il testo è incorniciato dal disegno di un filo spinato con una torre di avvistamento in legno, quelle tipiche poste sul perimetro dei lager. Un piccolo riquadro sulla destra mostra il disegno di due mani appoggiate ad un altro filo spinato, ma questa volta spezzato e la frase che lo accompagna è questa:


       
  “NON PIU’ RETICOLATI NEL MONDO”