Sequestro eritrei, nostra vergogna!

ImageCiò che sta accadendo nel cuore del deserto del Sinai è una vergogna. 250 profughi africani, dopo essere stati respinti lo scorso maggio a largo di Lampedusa, e aver passato qualche mese nelle carceri libiche, da settimane sono prigionieri di una banda di predoni che in attesa di un riscatto tortura, mutila, stupra e a già ucciso molti di loro che tentavano di raggiungere il confine israeliano.
Il tutto nella colpevole immobilità del governo egiziano  che è arrivato a negare di sapere dove sono tenuti i prigionieri e delle istituzioni internazionali tutte: Europa, Onu e quant’altro, e dei tanti paesi “esportatori di democrazia”, sempre pronti all’intervento quando c’è nei dintorni qualche pozzo di petrolio o qualche oleodotto, o un qualsiasi altro interesse economico da salvaguardare.
L’unico contatto dei sequestrati è con don Mussie Zerai, il sacerdote eritreo, presidente dell’Ong Habeshia, che tiene clandestinamente i rapporti con i profughi attraverso i cellulari che gli stessi sequestratori mettono a disposizione delle loro vittime affinché chiamino chiunque, parenti oppure organizzazioni umanitarie, sia in grado di mandare loro il denaro per pagare il riscatto richiesto (8000 dollari per ciascuno).
Lo stesso don Mussie Zerai ancora domenica scorsa, ospite in diretta della trasmissione “A Sua Immagine” su Rai1, portava la loro voce alle nostre orecchie e alle nostre coscienze. Le ultime notizie fornite dicono di contatti tra i capi tribù del Sinai e i servizi di sicurezza egiziani, per arrivare a un rilascio, ma l’ottimismo non regna, anzi. Solo ieri sono stati uccisi due diaconi ortodossi che erano tra i 250. I carcerieri hanno ammazzato i due religiosi di fronte a tutti gli altri perché accusati di aver lanciato l’allarme.
Secondo quanto raccolto da don Mussie Zerai, ci sarebbero anche molte persone in fin di vita tra quelle sequestrate, comprese donne incinte e bambini. Le loro condizioni sono gravissime per le continue percosse subite. In più, da qualche giorno viene negata loro l’acqua, al punto che molti sono costretti a bere la propria urina. Si ha notizia, infine, del trasferimento di altre persone, sparite dal gruppo e molto probabilmente portate da qualche parte per essere sottoposte all’espianto di organi, per pagare il riscatto.
La situazione è dunque decisamente precipitata. «Non si possono più aspettare i tempi delle diplomazie- ha detto don Zerai - perché la gente sta morendo anche a causa della fame e della sete. Di fronte a questa autentica barbarie, chiediamo che la comunità internazionale condanni tutto ciò, e richiami il governo egiziano ad intervenire con decisione per sottrarre queste vite umane dalle mani dei trafficanti e dei loro complici in quella regione del Sinai».
Proprio ieri, una lettera di numerosi parlamentari italiani è stata inviata alla Comunità Europea affinché prendesse atto delle responsabilità del governo egiziano, che sicuramente esistono, il quale sempre ieri ha però replicato - in verità con qualche ragione - che le responsabilità originarie di questa drammatica situazione risiedono nei governi, in primis europei, che si affacciano sul Mediterraneo e che hanno adottato politiche per l’immigrazione estremamente e indiscriminatamente restrittive, così da impedire di fatto ai richiedenti asilo politico anche solo di arrivare da qualche parte per dimostrare di aver diritto a quello status.

 da azionecattolica.it
Antonio Martino