Regalo a tutti un interessante articolo che ho letto su Il Fatto Quotidiano e che dovrebbe far riflettere tutti….

Non escludo di essere entrato in paranoia per i recenti, drammatici fatti di attualità.

Però, se penso un attimo agli ultimi 10 anni del mondo e dell’Italia penso che siano successe troppe cose irripetibili e che, dunque, stiamo vivendo in uno dei momenti più importanti della storia dell’umanità per come la conosciamo. Dobbiamo rendercene conto rapidamente ed essere consapevoli che le nostre scelte sono decisive. Scomodando Soren Kjerkegaard, “è in questa vita che decidi la tua eternità“.

Utilizzo tre eventi per spiegarvi perché mi sento preso da questa strana febbre:
- 11 settembre 2001;
- fallimento di Lehman Brothers e successivo effetto-domino sull’economia mondiale;
- disastro giapponese.

Quest’ultimo evento mi ha indotto a scrivere perché, lo ammetto, ci sto malissimo. Stamattina mi stavo mettendo a piangere guardando NHK, la tv giapponese, sul satellite. Pur non comprendendo assolutamente nulla di ciò che i giornalisti stavano dicendo mi bastava guardare i loro volti, le grafiche presentate, perché uno si possa rendere conto di quanto il mondo sia cambiato, stia cambiando e cambierà.

A questi tre eventi se ne possono aggiungere tanti altri: lo tsunami del sud-est asiatico del 2004, il terremoto di Haiti di poco più di un anno fa e le recenti rivolte dei paesi del Maghreb sono altri segnali, pur diversi, della delicatezza, quasi della solenne gravità, di questo momento.

Dall’Italia non arrivano segnali molto migliori. L’economia non cresce, gli indicatori di benessere, di qualità dei servizi sociali, della libertà di stampa sono ai minimi e le previsioni non sono rosee. Gli italiani paiono quasi rassegnati. Nel frattempo pare non ci possa essere spazio per il minimo dubbio, per la minima riflessione sul nucleare.

Il Governo e Confindustria ci dicono che non dobbiamo lasciarci guidare dall’emotività. Ma cosa c’è di emotivo nel contare migliaia di morti, di porre la no-fly zone sulla centrale di Fukushima, nella ritirata delle navi americane perché i soldati a bordo sono rimasti contaminati? Ci sono fatti oggettivi, tragici, e valutazioni politiche e strategiche da fare.

Spero che i decisori siano consapevoli che sulle politiche energetiche non si prendono decisioni contingenti, ma scelte che fanno la storia dell’Italia. Decisioni che riguardano la vita di tutti, indistintamente. Scelte che influiranno sulle politiche ambientali e di difesa della salute e della sicurezza dei cittadini. Dei genitori e dei figli.

Per le stesse ragioni, ritengo che la nostra generazione sia chiamata a un impegno storico e irripetibile, proprio come storici ed irripetibili sono gli eventi che ci troviamo a commentare: per certi versi, è come se il mondo intero avesse subito degli attacchi. Le Torri Gemelle e il crack di Lehman Brothers ci hanno restituito un presente diverso, più insicuro, meno ricco. Il boom dei paesi asiatici ha di fatto spesso coperto la crescita ridotta (o addirittura la recessione) dell’economia mondiale evitandoci guai peggiori a breve termine.

La combinazione terremoto + tsunami + disatro nucleare, una combinazione senza precedenti nella storia della modernità, causerà una serie interminabile di reazioni a catena sull’economia che non sono facilmente comprensibili oggi: basti pensare che il Sol Levante è la terza economia mondiale e che era già in grossa difficoltà prima della catastrofe che l’ha colpita, a causa di un rapporto debito/PIL pari al 220%. Obiettivamente pare difficile trovare una speranza per la rapida riscossa dell’economia e dello sviluppo di questa nazione, se non nello straordinario orgoglio e spirito di comunità tipico del popolo giapponese.

Ed è proprio dallo spirito nipponico che mi piacerebbe che tutti noi ripartissimo, in particolare i più giovani.

Quello che voglio provare a dirvi è che penso che non ci si possa più limitare a lavorare per quello per cui siamo chiamati per poi ritornare a casa e pensare alle nostre cose, alla famiglia, alla fidanzata, alle bollette e ai problemi di tutti. Sia chiaro, non voglio ridimensionare le fatiche e i drammi personali di ciascuno di noi, ma vorrei che fossimo tutti consapevoli che non siamo in una condizione “normale” e che dobbiamo dunque mettere in campo energie straordinarie. Dobbiamo fare qualcosa di più, tutti.

Provate a ritagliarvi un po’ di spazio e di energia per buttare il vostro cuore oltre l’ostacolo. Provate a ridurre il vostro livello di conflittualità verso il capo, l’arrampicatore sociale, il politico che non vi rappresenta, la suocera. Provate a pensare a cosa potreste fare se invece di lottare con il prossimo vi metteste a lavorare insieme a lui. Provate, dopo aver fatto tutto ciò che vi riguarda, a concentrarvi per un attimo sui problemi degli altri. È così difficile?

Proviamoci tutti, nel nostro piccolo, con la massima umiltà, ma senza sottovalutarci mai. Dalla nostra abbiamo Internet, ogni essere umano è potenzialmente portatore di un messaggio, è un “mezzo di comunicazione”, non vedo perché non possano esserlo la somma di più esseri umani.

Non è il momento di fare solo il proprio dovere: chi fa il proprio mestiere e non sente che c’è qualcos’altro da fare è, per me, del tutto equivalente agli orchestrali del Titanic mentre la nave affonda.


Dino Amenduni – esperto di nuovi media e comunicazione

Il Fatto Quotidiano, 16 marzo 2011

Articolo di Elena Zandonà