Quaresima e giovani

«Quaresima, passiamo dal due al tre Condividere per ritrovare speranza»

 LUCIANO MOIA

Nel messaggio per la Quaresima di quest’anno il Papa lamenta “un deficit di speranza”. Si tratta di “un impedimento a sognare” che ha impoverito il mondo degli adulti e ha contagiato i giovani. Cosa dire ai genitori, agli educatori, per riaccendere nel cuore dei nostri ragazzi il gusto del futuro?

Il grande filosofo Aristotele – risponde Ezio Aceti, psicologo e pedagogista di lungo corso, autore di centinaia di volumi su temi educativi – diceva che “a forza di fare una cosa, uno si abitua”, così oggi a forza di raccontare violenza, buio, negatività, succede che lentamente la speranza muore e la depressione risulta così essere la prima malattia d’Europa. La depressione è un tarlo che ti fa vedere le cose solo nella loro negatività, chiudendo lo sguardo a qualsiasi altra opportunità. È come una giornata piena di nuvole, ove ci si è così abituati al tempo piovoso che non si pensa più possa arrivare il sole. E, cari genitori, il fatto è che siamo stati noi a creare questa situazione. Infatti se il 90% delle notizie televisive parlano di violenza, stupro, disastro, guerre, se ogni volta che parliamo dei giovani presentiamo loro un mondo negativo e in affanno, o se ogni volta che parliamo dei giovani li riteniamo superficiali e inadeguati... succede che loro stessi non ci credono più. E non credono più non solo a noi, ma neanche alla vita al futuro, e... non sognano più. È arrivato il tempo di andare contro corrente e investire sulle capacità positive presenti nei giovani. Non si tratta tanto di edulcorare la realtà, ma di farla esistere nella sua promessa nella sua speranza, indicando qui particolari della realtà stessa che possono essere migliorati, sostenuti, orientando le energie verso il positivo che sia in grado di trasformare le cose, spingendo sempre più verso il dovere essere delle cose che nella loro origine contengono il dono verso ciascuno.

L’umanità, dice ancora il Papa, “è giunta alla soglia della fraternità universale e a livelli di sviluppo scientifico, tecnico, culturale, giuridico in grado di garantire a tutti la dignità” ma brancola, nel buio delle diseguaglianze e dei conflitti. Un’ingiustizia strutturale che i giovani, pur avvertendola, non riescono però né a difendere né a rivendicare come avveniva in passato con movimenti di protesta collettivi. Cosa ha determinato questa chiusura nel privato, questa indifferenza di fronte ai grandi problemi dell’umanità?

La società contemporanea è simile a un pavimento bagnato e molto scivoloso ove si fa fatica a rimanere in piedi e l’equilibrio è instabile e le cadute sono molto frequenti. Anche i punti di appoggio sono scarsi e nonostante i molteplici tentativi per rialzarci, ci si trova spesso a terra, scoraggiati ed esausti. In mezzo a tutta questa precarietà dell’esistenza e questa fatica del vivere sorge nostalgicamente il desiderio di tornare a prima, quando, grazie ai numerosi punti di appoggio, non solo le cadute erano molto rare, ma il cammino sembrava più sicuro e stabile. Il fatto è che il mondo va sempre avanti e, nonostante le numerose contraddizioni presenti sulla scena, cerca di camminare verso il nuovo, il meglio. Un cammino, però, non sempre lineare, pieno di difficoltà, di errori, insieme anche a sorprendenti novità e meraviglie. E lo scenario che ci si presenta davanti è li a ricordarci tutto questo: se da una parte le disuguaglianze ataviche sembrano sconfitte, dall’altra se ne presentano altre figlie della modernità e del maggior apparente benessere. Da tutto ciò risulta evidente una verità inconfutabile: lo sviluppo tecnologico è arrivato a livelli altissimi, mentre lo sviluppo educativo è ancora fermo. Perché? Perché il progresso scientifico da solo non è sufficiente se non viene supportato da un ulteriore progresso umano e valoriale.

La seduzione degli idoli apre a una menzogna dentro di sé. “Possiamo attaccarci così al denaro, a certi progetti, idee, obiettivi, alla nostra posizione, a una tradizione, persino – scrive papa Francesco – ad alcune persone. Invece di muoverci, ci paralizzeranno”. Quali sono gli idoli che oggi paralizzano i giovani e cosa possiamo fare noi adulti per mettere in luce queste contraddizioni?

Sappiamo che ogni persona per crescere ha bisogno di modelli verso il quali andare perché la natura umana è costituita così , per imparare l’uno all’altro. E di solito i giovani si appellano a quanto il mondo propone per crescere e identificarsi. Purtroppo in un mondo pieno di stimoli ed emozioni, le luci più sfavillanti sembrano essere quelle che danno un guadagno facile, senza impegno, e spesso a scapito degli altri. E la “rete”, ove tutti sono interconnessi risulta essere un moltiplicatore di questi stimoli. Ma il fatto è che, alla lunga queste luci manifestano la loro oscurità e il loro odore nefasto. Perché? Perché sono staccate dalla radice dell’umano che è la vera fonte della gioia. Perché è nella radice dell’umano che sta la vera luce. Non si tratta di essere contrari al benessere e al possesso dei beni, ma di metterli nella loro dimensione.

Ogni bene, se è al servizio dell’umano, e al servizio quindi del ben-essere di tutti, allora produce senso e felicità. Viceversa, se è ottenuto con la menzogna, a scapito degli altri e con l’intento di sopprimere il prossimo, alla lunga genera sofferenza e schizofrenia. Insomma è importante con-dividere. Essere con-passionevoli. Per fare questo occorre un cambio di paradigma: passare dal due al tre. Il due fa “divisione”, ritiene che ci siano i poveri e i ricchi, i fortunati e gli svantaggiati, il bene e il male, il giusto e l’ingiusto. Il tre invece, “condivisione”, ritiene che tutto è di tutti, che ogni dimensione e al servizio di tutti e che la gioia e la verità sta solo nella relazione e, appunto, nella condivisione. Insomma, come diceva Byron; la felicità è nata gemella. È arrivato allora il tempo di iniziare a realizzare il tre, perché in questo modo ci salviamo tutti e gioiamo tutti. E fino a quando non sarà così, l’ansia ci tormenterà per spronarci a migliorare.

Angiolina Mango ha vinto a Sanremo con una canzone che parla di noia. Cercare la strada per combattere la noia, vera o presunta, dell’esistenza, e dare un senso alla propria vita. Un problema di sempre che però oggi sembra particolare complesso da affrontare. Cosa è capitato da rendere così sconnessa la strada che porta a trovare una buona ragione per vivere e per sperare?

La noia la si combatte solo ritrovando se stessi, e cioè l’umano che c’è in noi. Quando ci viene detto che siamo immagine di Dio, constatiamo la grandezza di questa affermazione. Perché l’immagine di Dio contiene la vera fonte della felicità e della gioia, il motivo per cui siamo stati creati da Dio e, il Cristo rappresenta l’umano perfetto, la meta ove tendere. Senza questo orizzonte compare la noia, come desiderio di un senso che non c’è più. Ma quali sono questi “cromosomi” dell’umano o dell’immagine di Dio? Sono la relazione (non possiamo vivere senza l’altro); l’amore a cui siamo programmati (prendiamo un bambino abbandonato, occupiamoci di lui e vedremo che la voglia di vivere ritorna); il vero genera gioia, il falso tristezza (quando incontriamo una persona autentica e vera , veniamo attratti dalla sua luce); la possibilità di ricominciare (non è importante quante volte sbagliamo, ma quando ci rialziamo); il terzo orecchio (quello interiore che ci fa scoprire le cose vere e belle , che ci fa andare oltre, sognare oltre, insomma andare verso Dio che ci accoglie a braccia aperte.